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Il mare è sempre stato la grande metafora della coscienza e dell’anima. Dai tempi di Eraclito, Talete e poi Husserl, Bachelard ci scontriamo sempre sul concetto che l’anima non ha mai perduto il suo legame con l’acqua: essa si nutre del flusso ospitale della mescolanza, dell’anima, e della sua fluente temporalità.
Il mare è simbolo della dinamica della vita. Tutto nasce dal mare e tutto vi ritorna: luogo della nascita, della trasformazione, della rinascita: acqua in continuo irreversibile movimento.
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Il mare rappresenta simbolicamente uno stato transitorio fra le possibilità ancora da realizzare e le realtà già realizzate, una situazione di ambivalenza che è quella dell’incertezza, del dubbio, dell’indecisione, che può concludersi bene o male. |
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Per questo il mare è l’immagine sia della vita che della morte, o quantomeno della creazione.
Il contatto con l’acqua comporta sempre una rigenerazione poiché, da un lato ad una dissoluzione fa seguito una “nuova nascita”, dall’altro l’immersione rende fertile e moltiplica il potenziale di vita.
“Alla cosmologia acquatica corrisponde, a livello antropologico, la credenza secondo cui il genere umano “È nato dalle acque” (Eliade).
Qualunque sia la credenza religiosa in cui le incontriamo le acque conservano invariabilmente |
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la loro funzione:
disintegrano le forme, le aboliscono, “lavano i peccati”, sono, a un tempo purificatrici e portatrici di metamorfosi, quindi proteiformi.
Il loro destino è quello di precedere la creazione e riassorbirla, giacchè esse sono incapaci di andare aldilà delle loro modalità, cioè di manifestarsi in forma determinata. Tutto ciò che è FORMA si manifesta al di sopra delle acque, staccandosi da esse in modo definitivo. Ogni “forma” appena si è allontanata dalle acque, non appena ha cessato di essere virtuale, ricade sotto la legge del Tempo e della Vita, partecipa del divenire universale, ma subisce la storia.
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