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le Opere
Il lavoro introspettivo di Maby Navone si materializza attraverso opere di diversa natura, sia come volumi e tecnica realizzativa che come architettura creativa.  Quadri, sculture, installazioni e fotografie sono tutti strumenti funzionali al processo produttivo a seconda dei materiali e della vena ispiratrice dell’artista.

 

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Gli stimoli provenienti dagli ambienti familiari e amati – mare, spiaggia, paesaggio costiero – sono elaborati in astratto, e codificati a livello simbolico. Con questi lavori Maby Navone si proietta su silenziose sospensioni, vuoti luoghi di luce, o di buio, plana sulle cime alte dell’inconscio, e si immerge nella massa liquida per ritrovare un mondo nuovo e diverso, attraverso il mixaggio di piccoli oggetti, che diventano un grumo di materiali, immagini, metapittura, capaci di ricordarci che i “flussi di segni”, e dei “codici”, si mescolano, si relazionano, si frammentano, per costruire PATCH-WORK e COLLAGES.

Il pensiero della Navone parte dall’assunto che non ci sono residui negativi, o materiali di scarto, che non si possono né impiegare né riciclare. Così l’artista sviluppa un’indagine tutta interna alle cose, arrivando a determinare nuovi livelli percettivi che vanno aldilà delle apparenze, imponendosi come segno riconoscibile di una ricerca dove la natura dell’artificio si afferma come superamento del paesaggio urbano.

Dominano i singoli oggetti che diventano la metafora di luoghi metafisici, tesi a svilupparsi come nuove esperienze del visibile, ideali ambientazioni per dei film di fantascienza, oppure allegorie di una nuova Atlantide pronta per il terzo Millennio. Dietro queste ipotetiche “architetture” si nasconde la lezione di Antoni Gaudi, di Etienne-Louis Boullée, di Claude-Nicolas Ledoux – coi loro edifici intesi “come cosa in sé”, come “oggetti edilizi” -  oppure i “bagni misteriosi” di Giorgio de Chirico, le favole di Mirò, che ci raccontano storie di forme, di materie, di colori, di fantasie, senza dimenticare un pizzico d’oriente mediato dai colori delle stoffe. Con i suoi rifiuti la Navone cerca di ridarci i ritmi plurali di “città ancora invisibili”, come quelle di Calvino, che tessono e disfano, al pari di un caleidoscopio movimentato, le forme e i destini dell’universo.

Guardando le cose in questa chiave allora possiamo affermare che l’arte, in cui l’individuo ha chiesto di esprimere il significato della sua parabola, ha ancora un grosso compito da svolgere quello di salvare le “cose” dal nulla.

Maby Navone, ha reso giustamente forse più giustizia al cielo e all’acqua del mare che non all’identità incerta dell’uomo, che fra quei due azzurri si trasforma, invecchia, e muore, ma purtroppo non ne è ancora del tutto consapevole.

 

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